L’inquinamento da plastica emergenza planetaria, serve un trattato globale

l'inquinamento da plastica emergenza planetaria

Un nuovo rapporto evidenzia che l’inquinamento dovuto alla plastica che si riversa negli ambienti terrestri e marini costituisce un’emergenza planetaria in costante peggioramento e chiede alle Nazioni Unite di favorire la nascita di un trattato sulla plastica di respiro globale. 

Ogni anno entrano nell’oceano 11 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, equivalenti a più di un camion al minuto, e tale quantità è destinata ad aumentare nei prossimi anni, in relazione all’aumento della produzione di oggetti in plastica. Secondo il rapporto Connecting the Dots: Plastic pollution and the planetary emergency pubblicato nel gennaio 2022  dall’Environmental Investigation Agency (EIA) l’inquinamento che deriva dalla sovrapproduzione di plastica è irreversibile, mina direttamente la nostra salute per i suoi effetti tossici, contribuisce alla perdita di biodiversità, e aggrava il cambiamento climatico. Il rapporto avverte che solamente un robusto trattato globale sulla plastica giuridicamente vincolante per i governi e le organizzazioni aderenti, può risolvere il problema.

“L’inquinamento da plastica è basato su livelli insostenibili di produzione e consumo”

Il rapporto è stato accolto con favore dal professor Richard Thompson, capo dell’unità internazionale di ricerca sui rifiuti marini dell’Università di Plymouth e leader mondiale nello studio degli effetti ambientali dovuti all’inquinamento da plastiche. “Questo rapporto giunge alla conclusione che, così come nel caso di altre sfide ambientali globali quali la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico, la causa di fondo del problema è radicata negli attuali livelli insostenibili di produzione e consumo” dice lo scienziato. “Serve pertanto un nuovo trattato globale sulla plastica, che agisca da strumento giuridicamente vincolante per affrontare l’intero ciclo di vita della plastica che rispecchierebbe gli approcci già esistenti per affrontare la crisi climatica e della perdita di biodiversità. Una tale iniziativa potrebbe aiutare considerevolmente a dare priorità e focalizzare l’attenzione sul fenomeno; oltre ad avere il potenziale per guidare l’azione verso soluzioni durature”.

Il rapporto è stato pubblicato in vista della Quinta riunione dell’Assemblea dell’ambiente delle Nazioni Unite (UNEA-5) che si terrà a Nairobi tra il 28 febbraio e il 2 marzo 2022, sede in cui il comitato negoziale intergovernativo potrebbe decidere se portare avanti i lavori per un trattato globale sulla plastica. Il documento contiene raccomandazioni su come applicare misure politiche interdisciplinari, che agiscano sul problema e sulle sue cause in una modalità collaborativa e sul lungo termine. Considerando insomma l’inquinamento da plastica per quello che è: una minaccia ai confini planetari che impatta pesantemente su altre crisi ambientali, come la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico. 

Le principali soluzioni sono conosciute da decenni

Il professor Richard Thompson lavora sull’inquinamento da plastica da più di 30 anni ed è stato insignito del titolo di  “Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico” per i suoi contributi alla scienza marina. “Causa di frustrazione duratura è la consapevolezza che le principali soluzioni come ridurre, riutilizzare e riciclare siano ormai note da decenni. Ciò nonostante ci mancano ancora alcune informazioni di base a guidarci in una loro applicazione, ovvero in quale contesti e come dovremmo applicare queste soluzioni, che dovrebbero variare da un paese all’altro, in relazione all’infrastruttura esistente di gestione dei rifiuti, ad esempio” aggiunge Thomson. 

Sostenere politiche che promuovono semplicemente l’uso di plastiche “riciclabili” non sarà efficace se non c’è un’infrastruttura locale che possa effettivamente raccogliere, separare e riciclare i vari tipi di plastica. Allo stesso modo, sostenere politiche che promuovano l’uso di plastiche ‘compostabili’ sarà efficace solo se c’è un’infrastruttura locale appropriata per gestire quel flusso di rifiuti” conclude l’esperto. Thomson mette inoltre in guardia sulle difficoltà per i cittadini di distinguere facilmente –  e agire coerentemente –  tra un prodotto che è solo tecnicamente ‘riciclabile’ da uno che può essere effettivamente riciclato nelle infrastrutture locali. Un problema oggettivo che rende necessario ideare, certificare ed esigere l’utilizzo di una comunicazione il più chiara possibile. Il ricercatore avverte infine che le varie soluzioni proposte per risolvere il problema devono considerare le potenziali conseguenze indesiderate, tra cui, ad esempio gli effetti sulla biodiversità e sul clima. Questo per evitare “sostituzioni deplorevoli” dei polimeri plastici tradizionali con altri tipi di materiali che non sono necessariamente risolutivi e/o privi di impatti ambientali.

Richieste di un trattato globale che arrivano anche dagli scienziati e dalla società civile

Insieme ad altri scienziati che si occupano di inquinamento da plastica, Il Professor Thomson  è promotore di una Dichiarazione a favore di una governance per le materie plastiche, e lungo tutto il loro ciclo di vita. Si legge nella dichiarazione: “Gli approcci attualmente proposti per affrontare le sfide poste dalla plastica che si concentrano principalmente sulla gestione dei rifiuti già prodotti e sulle azioni più in basso nella gerarchia dei rifiuti zero – e che si limitano quindi ad affrontare l’inquinamento da rifiuti marini – non riflettono adeguatamente i risultati del Comitato scientifico consultivo del Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite per i rifiuti marini e le microplastiche. Va applicato al contrario un approccio focalizzato sul ciclo di vita delle plastiche basato principalmente sulla prevenzione, la riduzione e la riprogettazione di prodotti in plastiche problematiche che vanno tenuti fuori dall’economia globale.”

Le richieste di un trattato globale sulla plastica arrivano anche da numerose associazioni ambientaliste. La petizione del WWF internazionale, ad esempio, ha già raccolto oltre due milioni di firme

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