Le 5 tattiche di Big Beverage per affossare le politiche sul packaging

le 5 tattiche di big beverage per affossare le politiche

Le ormai note tattiche utilizzate dall’industria delle bevande per ritardare e affossare le politiche sui rifiuti e in particolare sul packaging negli USA, sono state raccontate in una recente pubblicazione della Conservation Law Foundation CFL.

 “Non possiamo più permetterci di affogare nella plastica lasciando che l’industria del settore non si prenda le sue responsabilità” hanno affermato i tre avvocati della fondazione autori della pubblicazione The Big Beverage Playbook for avoiding responsability .

Il Playbook racconta come i grandi marchi di bevande quali Coca-Cola, PepsiCo e Nestlé, che sono i maggiori responsabili dell’inquinamento da plastica a livello globale, ricorrono a tutte le tattiche possibili per mantenere lo status quo (volume di affari), sabotando gli sforzi da parte dei governi locali o nazionali per riformare i sistemi di gestione dei rifiuti da imballaggio.  

Big Beverage ha infatti perfezionato fin dagli anni ’70 un manuale di tattiche per ritardare, e affossare l’approvazione di legislazioni sgradite come i Sistemi di Deposito Cauzionale (Deposit Return System, DRS) ogni qualvolta iniziavano a guadagnare consenso in qualche stato o territorio americano. Nonostante i Sistemi di Deposito Cauzionale siano considerati il sistema più efficace per raccogliere e riciclare tutti i tipi di contenitori di bevande, sono solamente dieci gli stati americani ad avere istituito un DRS. 

Il manuale dell’industria delle bevande: ritardare, distrarre e far deragliare

L’industria delle bevande si oppone categoricamente da sempre ai Sistemi Cauzionali  perché teme che intacchino i profitti. William Coors, presidente della Coors Brewing Company, aveva già dichiarato a metà degli anni ’70 che l’industria del beverage spendeva “un minimo di 20 milioni di dollari all’anno (l’equivalente di 143 milioni di dollari oggi) per combattere le legislazioni sui DRS” . 

Secondo il Public Interest Research Group degli Stati Uniti, tra il 1991 e il 2011, l’industria delle bevande è riuscita ad arrestare sul nascere 30 proposte su 31 a favore di un DRS. La strategia ad Hoc sviluppata negli anni dall’industria delle bevande viene riassunta nel Playbook in cinque tattiche. 

Tattica uno: incolpare il consumatore

Una delle tattiche più vecchie è sempre quella di incolpare esclusivamente il consumatore per il fenomeno del littering. L’esempio più lampante di questa tattica è la fondazione da parte dell’industria delle bevande della no-profit Keep America Beautiful, creata con la missione di sensibilizzare gli americani sul fenomeno del littering organizzando anche eventi di pulizia ambientale. Nella Giornata della Terra del 1971, Keep America Beautiful lanciò l’iconica campagna pubblicitaria – spesso citata come esempio di greenwashing – con protagonista un attore di origini italiane che si fingeva un nativo americano. Lo spot noto come “the Crying Indian” lo ritraeva piangente accanto all’altrettanto noto slogan “Le persone causano l’inquinamento. Le persone possono fermarlo”. Cinquant’anni dopo questa prima campagna, Keep American Beautiful e i suoi finanziatori perpetuano ancora questo mito della  responsabilità dei soli consumatori sul fine vita degli imballaggi per nascondere quella dei produttori. Negli USA più che in Europa, a rigor del vero. 

le 5 tattiche di big beverage per affossare le politiche

Tattica due: fare pressioni politiche per evitare l’adozione di Sistemi Cauzionali  

Mentre da una parte l’industria delle bevande finanzia associazioni non profit per organizzare operazioni di pulizia e di raccolta rifiuti, dall’altra impiega un “esercito di lobbisti” per fare pressione sui decisori politici locali e nazionali per impedire l’approvazione di legislazioni sfavorevoli.  

Queste lobby impiegano anche strategie di pubbliche relazioni e media molto costose, così come l’astroturfing, in cui si finanziano gruppi di cittadini o associazioni per creare dei casi montati ad arte in cui,  ad esempio, i protagonisti risultano dei “residenti preoccupati” che intervengono rispetto all’introduzione di una qualche politica che potrebbe danneggiarli. Dando così una falsa apparenza di autenticità popolare ad azioni in cui il finanziatore e gli interessi aziendale che persegue non siano individuabili. 

Tattica tre: silenziare eventuali richieste di cambiamento sistemico

Un altro trucco usato dall’industria delle bevande è quello di finanziare congruamente  programmi locali di riciclaggio per prevenire la richiesta di riforme più efficaci nella gestione dei rifiuti. Coca-Cola e PepsiCo hanno sviluppato una sofisticata rete di organizzazioni di vario tipo che distribuiscono piccole sovvenzioni alle comunità in difficoltà che faticano a pagare i costi  dei programmi di raccolta e riciclo. Sostegni economici che se aiutano nel breve termine, mantengono quelle comunità legate allo status quo di un sistema di avvio a riciclo che si è dimostrato nei fatti inefficace e sempre più oneroso.

Tattica quattro: promettere per poi fare marcia indietro 

Questa tattica messa in pratica dalle lobby del beverage non appena rilevano una crescita del favore del pubblico nei confronti dei sistemi DRS consiste nell’organizzare e pubblicizzare nuove iniziative a livello volontarie per la riduzione dell’inquinamento da rifiuti da imballaggio. Queste iniziative vengono accompagnate da impegni e promesse che hanno come scopo primario distrarre i decisori politici e  l’opinione pubblica dalle vere cause e responsabilità dei problemi. In realtà tali impegni, che a prima vista possono sembrare fatti in buona fede nascondono impegni volontari e non vincolanti che non si realizzano mai.

Tattica cinque: mostrare consenso per poi sabotare dall’interno 

Le prime quattro tattiche in combinato sono riuscite ad impedire l’introduzione di nuovi Sistemi DRS per decenni negli USA. Tuttavia ora che la preoccupazione  per l’inquinamento da plastica è salita ad un massimo storico nella pubblica opinione, i DRS hanno riguadagnato supporto e attenzione sia da parte della società civile che delle istituzioni pubbliche. Per rispondere all’indignazione generale l’industria delle bevande per bocca dei suoi portavoce si dice “aperta alla discussione verso qualsiasi tipo di sistema che possa recuperare le nostre bottiglie, inclusi i sistemi cauzionali “. Tuttavia –  avvertono gli autori dello studio – questo ritrovato sostegno dovrebbe essere accolto con estremo scetticismo alla luce di quanto avvenuto l’anno scorso in Connecticut dove l’attuale DRS avrebbe dovuto essere aggiornato in modo ambizioso perché il tasso di raccolta era sceso a livelli preoccupanti. Dopo una dura battaglia le redini del programma sono state cedute all’industria con risultati scarsi rispetto alle potenzialità di miglioramento. 

Questo è il caso per eccellenza “della volpe messa a guardia del pollaio” in cui Big Beverage viene lasciata nella posizione perfetta per minare l’attuazione e l’efficacia di potenziali disegni di legge. Tuttavia, “conoscere la strategia e le tattiche di Big Beverage aiuta i consumatori e i legislatori ad andare oltre allo status quo e a modernizzare i DRS esistenti, o ad approvarne di nuovi, nonostante l’opposizione dell’industria delle bevande”  concludono gli autori del Playbook. 

Fonte: Conservation Law Foundation CFL

Leggi anche l’articolo di Plastic Soup Foundation sullo stesso tema.

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